Ossario XXIII marzo 1849: il ricordo ai caduti della sanguinosa battaglia di Novara
L’ossario XXIII marzo 1849 si trova nella zona meridionale della città, lungo l’omonimo Corso.
Novara fu infatti teatro nel 1849 di un’importante battaglia, che si svolse tra le frazioni della Bicocca, Olengo e Torrion Quartara, e che pose fine alla Prima Guerra d’Indipendenza italiana.
La battaglia di Novara o battaglia della Bicocca, dal nome di uno dei sobborghi coinvolti, fu uno degli scontri più duri del Risorgimento, e portò alla sconfitta dell’esercito piemontese di Carlo Alberto, capitanato dal polacco Wojciech Chrzanowski, vinto dalle truppe austriache capitanate dal maresciallo Josef Radetzky.
L’esercito piemontese aveva già subito una disfatta nella battaglia di Mortara, per questo si era arroccato a Novara in attesa del prossimo scontro. La superiorità numerica e alcuni errori del comando italiano favorirono la vittoria dell’esercito austriaco.
Quella stessa notte, dopo la sconfitta, Carlo Alberto abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele, tra le mura di Palazzo Bellini.
A memoria dei caduti venne quindi eretto un monumento ossario proprio in quella zona, fortemente voluto dai veterani e inaugurato proprio il 23 marzo di quarant’anni dopo, il 1879. Il progetto era di Luigi Broggi, architetto di Milano già responsabile del rifacimento di Palazzo Bellini.
La struttura dell’Ossario XXIII marzo 1849 consiste in una piramide alta 16 metri e con una base di 12 metri. Sul lato principale, quello a fronte strada, è posta una grande croce in marmo bianco sulla sommità e, subito sotto, un’aquila in bronzo che trattiene due corone tra gli artigli e che sormonta l’entrata.
All’interno giacciono i resti dei caduti in battaglia, sia dal lato italiano che da quello austriaco. I loro nomi sono stati incisi sulle otto facce di semi-obici.
Nel 1910 l’Ossario XXIII marzo 1849 venne ulteriormente arricchito dall’apposizione al suo interno di un trittico scolpito da Carlo Cantoni.
Il trittico ritrae Carlo Alberto in battaglia, insieme ai generali Ettore Perrone e Giuseppe Passalacqua, anch’essi protagonisti della storica giornata.